La Francia verso una moda sostenibile: legge anti-spreco AGEC, logo Triman e tassa sul fast fashion
In un contesto in cui il tema della sostenibilità nel settore tessile sta assumendo un ruolo di particolare importanza, numerosi Paesi europei si stanno dotando di importanti norme atte ad accogliere, anche anticipatamente, quanto disposto dall’UE.
La Francia, in particolare, si sta impegnando in modo rilevante avviando, coerentemente a quanto stabilito a livello europeo, un processo di transizione dell’industria della moda verso un maggior livello di sostenibilità.Questo processo, iniziato nel 2020, ha visto l’attuazione di diverse azioni, tra le quali spicca l’approvazione all’unanimità in Senato della Loi Anti-Gaspillage pour une Économie Circulaire (AGEC) che ha l’obiettivo di modificare l’attuale economia fondata su basi “lineari” (produrre, consumare, smaltire) in economia “circolare”. Questa norma ha decretato l’inizio di una trasformazione che abbraccia più settori, tra cui il tessile.
Di fatto, da questa legislazione hanno preso struttura la normativa ERP, l’obbligo di etichettatura per tutti i prodotti appartenenti ad una filiera EPR immessi sul mercato francese, il logo Triman, il bonus riparazione e il passaporto digitale dei prodotti (attualmente in fase di anticipazione). A questi interventi si aggiunge la recente proposta del governo francese di tassare la moda a basso costo.
L’approfondimento del Desk Innovazione Sostenibile di Andersen si propone di mappare le principali azioni direttamente implementate dal Governo francese nel campo tessile, che lo stanno decretando come il Paese “innovatore” nella moda sostenibile. Per saperne di più vi invitiamo a leggere i precedenti approfondimenti che riguardano la sostenibilità nella moda: La sostenibilità nella moda: da fast fashion a sustainable fashion e Moda sostenibile: nuove misure e principali normative.
Sostenibilità in Francia: le iniziative per la lotta al fast fashion
Il tema della sostenibilità si pone oggi come una delle maggiori priorità a livello europeo. L’Unione Europea, partendo da Green Deal, ha avviato una serie di politiche e di riforme in materia di clima, energia, trasporti e fiscalità atte a ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
La Francia negli ultimi anni si è dimostrata molto sensibile a queste tematiche: a partire dal 2020 ha potenziato la sostenibilità nel settore. Tale transizione risulta guidata e subordinata all’entrata in vigore dalla Loi Anti-Gaspillage pour une Économie Circulaire (AGEC) che vuole rendere “circolare” l’attuale economia fondata su basi “lineari” (produrre, consumare, smaltire).
Nello specifico, la legge anti-spreco ha delineato una serie di misure specifiche per il settore tessile, eliminando rifiuti e inquinamento dalla fase di progettazione dei prodotti. Si rivolge a tutti: aziende, cittadini, enti e può essere sintetizzata in pochi punti:
- eliminazione graduale degli imballaggi in plastica monouso entro il 2040
- eliminazione gli sprechi incoraggiando il riutilizzo e sostenendo le organizzazioni di beneficenza
- implementazione di azioni per contrastare l’obsolescenza programmata
- promozione di un miglior sistema di gestione delle risorse dalla fase di progettazione al recupero dei materiali
- impegno a fornire informazioni migliori e più trasparenti ai consumatori.
A confermare questa propensione, emergono non solo le azioni finora compiute nel panorama normativo tessile, ma anche la nuova proposta avanzata dal Governo francese per implementare una legge che disincentivi il fast fashion attraverso una serie di iniziative che vengono analizzate nel dettaglio nell’approfondimento in allegato.
La Responsabilità Estesa del Produttore: recupero dei materiali e gestione dell’invenduto
Uno dei principali problemi del sistema moda è strettamente connesso alla gestione dell’invenduto.
In tale frangente si pone il “Regime di responsabilità estesa del produttore” (EPR – Extended Producer Responsibility) che implica l’implementazione di una serie di misure volte ad assicurare che ai produttori dei beni spetti la diretta responsabilità finanziaria o la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto.
Nello specifico, la responsabilità estesa del produttore (EPR) vuole spingere i brand della moda a pensare di progettare prodotti più sostenibili, adottando materiali ecologici e riducendo gli sprechi, nonché a promuovere un’economia circolare, incentivando la raccolta differenziata e il riciclo dei loro prodotti, ad esempio attraverso la creazione di programmi di ritiro e di donazione. Sulla base di queste premesse la normativa riconosce ai produttori tessili francesi l’onere di contribuire con una tassa alla promozione dell’economia circolare (tramite l’azione esercitata dal collettivo Refashion).
Quanto raccolto, per mezzo di tale contributo di cui sopra, serve per coprire i costi di gestione dell’organizzazione e sviluppare iniziative di eco progettazione e di recupero dei materiali, oltre a promuovere comportamenti e consumi più sostenibili.
Ad oggi i prodotti tessili assoggettati all’obbligo EPR sono prodotti nuovi, immessi sul mercato francese (a esclusione dei prodotti non venduti sul suolo francese), destinati al consumatore finale, appartenenti alle seguenti categorie: indumenti, calzature e biancheria per la casa. Questo significa che i soggetti interessati dalla normativa EPR per prodotti tessili e calzature sono i “marketer”, cioè le aziende che per prime emettono fattura con IVA francese, a prescindere dal canale di vendita utilizzato.
Logo Triman: arriva l’obbligatorietà sulle etichette francesi
Sulla base della modifica della Direttiva UE sugli imballaggi, che ha portato nuove sfide per produttori e commercianti, la Francia ha provveduto ad apportare modifiche speciali all’etichettatura degli imballaggi e il 1° gennaio 2022 ha introdotto il cd. logo Triman, in conformità con il decreto n. 2014-1577.
Uniforme a livello internazionale, è il simbolo che deve comparire sugli imballaggi e sui prodotti riciclabili e che risponde ad un bisogno di trasparenza perchè fornisce maggiori informazioni ai consumatori sul riciclo o sulla raccolta differenziata.
Il logo Triman si applica a numerose categorie di prodotti:
- abbigliamento e calzature
- prodotti di carta stampata
- elettrodomestici
- imballaggi
- batterie
- batterie ricaricabili
- pneumatici per auto
L’etichettatura si applica solo alle merci e agli imballaggi prodotti per l’uso domestico e sarà obbligatoria per tutti i prodotti immessi in Francia dal 1° gennaio 2025.
Il logo Triman e l’Info-Tri, come etichettatura obbligatoria per tutti i prodotti, saranno anche soggetti alla Responsabilità Estesa del produttore (EPR), dal momento che un produttore è responsabile di ciò che produce, dalla progettazione alla distribuzione fino al ritiro, e quindi anche del corretto smaltimento e riciclo.
Il logo Triman dovrà dunque essere sempre accompagnato da indicazioni per i consumatori sul corretto smaltimento.
Bonus riparazione vestiti: incentivare circolarità e recupero
Il bonus riparazione si pone anch’esso nel contesto della “legge anti-spreco” (introdotta nel 2020) che si applicava già agli imballaggi di plastica, alle confezioni monouso e al riparo degli elettrodomestici. La Francia, con l’obiettivo di contrastare l’inquinamento e gli sprechi ha introdotto un bonus per riparare scarpe e vestiti usati: “bonus réparation”. Una sorta di “bonus rammendo” che prevede uno sconto diretto in fattura per le riparazioni effettuate presso le sartorie e le calzolerie che aderiscono all’iniziativa.
Questa misura è stata avviata nell’ottobre del 2023 con l’obiettivo di favorire il cambio di mentalità nel comparto tessile.
Per mezzo di questo strumento ci si propone di
- sostenere gli artigiani del settore
- aumentare i posti di lavoro
- ridurre l’enorme quantità di sprechi e di inquinamento che derivano dall’industria del fast fashion
- premiare sartorie e calzolerie in quanto, dal punto di vista economico, l’incentivo consiste in un rimborso tra i 6 e i 25 € ogni volta che si sceglie di riparare un proprio capo d’abbigliamento
Il valore totale del fondo è pari a 154 milioni € e ha una durata di cinque anni. Ne possono beneficiare artigiani, calzolai e sarti che aderiscono al programma con l’iscrizione alla piattaforma di Refashion.
DDP: la Francia anticipa l’introduzione del Passaporto Digitale dei Prodotti
Il passaporto digitale dei prodotti è una delle misure maggiormente attese della Legge sul tessile circolare e sostenibile e dalla normativa sull’ecodesign. Ad oggi si è ancora in attesa di ulteriori dettagli sul ‘passaporto digitale dei prodotti’ lanciato dalla Commissione UE, ma la Francia ha adottato il decreto-legge 2022-748 “relativo all’obbligo previsto dall’articolo L. 541-9-1 del codice dell’ambiente all’informazione al consumatore sulle qualità e sulle caratteristiche ambientali dei prodotti che generano rifiuti”.
Scadenze 2023
Il decreto fa obbligo a partire dal 1° gennaio 2023 a produttori e importatori che dichiarano un fatturato annuo superiore ai 50 milioni € e che mettono sul mercato più di 25mila unità di prodotti anno. di fornire informazioni sulle caratteristiche ambientali del prodotto.
Scadenze 2024 e 2025
L’obbligo è entrato in vigore dal 1° gennaio 2024 per produttori e importatori con un fatturato annuo superiore a 20 milioni di euro e più di 10mila unità di prodotti anno e dal 1° gennaio 2025 sarà vigente per quelli con un fatturato superiore ai 10 milioni di euro, sempre con più di 10mila unità di prodotti anno.
Le informazioni possono essere espresse in forma elettronica o con altro supporto purché facilmente consultabile in fase di acquisto (etichette, cartoncini etc) e includono, a seconda del tipo di prodotto:
- la presenza di materiali riciclati, espressa nella forma “prodotto che comprende almeno il [%] di materiali riciclati”
- l’uso di risorse rinnovabili
- la durabilità
- la compostabilità (vale per il packaging)
- la riparabilità
- le possibilità di riutilizzo (per il packaging)
- la riciclabilità
- la presenza di materiali pericolosi, metalli preziosi o terre rare
- la tracciabilità
- e ultimo ma non meno importante specie per i tessili: il rilascio di microfibre plastiche.
Tracciabilità
Per i capi tessili è l’indicazione geografica del Paese in cui ciascuna delle seguenti operazioni viene prevalentemente svolta, quando esistono e cioè: tessitura, tintura e stampa, confezione.
Per le calzature indica invece il luogo in cui vengono effettuati: cucitura, montaggio, finitura.
Microfibre plastiche
Deve essere indicata la percentuale in massa di fibre sintetiche presenti nel prodotto nel caso in cui le stesse superino il 50% del tutale del materiale utilizzato. In questo caso, dovrà essere indicata nell’etichetta “rilascia microfibre di plastica nell’ambiente durante il lavaggio”.
La Francia pronta a tassare i capi fast fashion
L’Assemblea nazionale francese il 14 marzo 2024 ha approvato la proposta di legge volta a limitare l’impatto ambientale di un modello caratterizzato da brevissimi cicli produttivi ai fini di risollevare l’industria tessile francese, duramente colpita dal consumismo targato fast fashion, cioè la “produzione tessile a basso costo, spesso remota e delocalizzata”.
La norma prevede di applicare un sovrapprezzo ai marchi “di moda veloce” basato sull’impatto ambientale dei prodotti tessili e regole più stringenti per i venditori online. Il sovrapprezzo crescerà progressivamente e potrà arrivare fino a 10 € per singolo capo di abbigliamento entro il 2030, sul modello della tassa che è già stata applicata in Francia alle automobili più inquinanti.
Qualora la legge trovasse approvazione anche al Senato, a partire dal prossimo anno entreranno in vigore tre norme con tre pilastri principali:
- inserimento in tutte le piattaforme e-commerce che vendono vestiti e accessori di fast fashion dei messaggi che incoraggino riuso e riparazione dando anche informazioni sull’impatto ambientale dei prodotti
- introduzione di un sovrapprezzo fino a un massimo 10 euro che non potrà superare il 50% del prezzo del capo d’abbigliamento (approccio che si fonda sul principio di EPR e che verrebbe calcolato in base all’impatto ambientale e alle emissioni di CO₂ generate dalla realizzazione dell’indumento, indipendentemente dal fatto che appartenga o no al fast fashion)
- introduzione a partire al 1° gennaio 2025 del divieto di mettere online campagne pubblicitarie che incoraggiano l’acquisto di abiti e accessori fast fashion (inclusi i video a pagamento di influencer che ne promuovono la vendita, scartando pacchi colmi di vestiti)
Andando ad approfondire la proposta di legge, si rileva che il marchio cinese di vestiti e accessori a basso costo Shein sarà uno di quei brand i cui prodotti saranno quasi certamente tassati. Dal testo di legge emerge che Shein registra in media più di 7.200 nuovi modelli di abbigliamento al giorno e mette a disposizione dei consumatori più di 470.000 prodotti diversi.
Il colosso cinese si trova in una condizione in cui “offre un numero di prodotti 900 volte superiore a quello di un rivenditore tradizionale francese”. Ad essere nel mirino della normativa ci sono anche altri marchi di fast fashion, tra cui H&M e Zara, che fa parte di Inditex, la multinazionale spagnola che controlla anche Bershka e Stradivarius.
Il testo chiarisce anche che gli introiti generati da queste sanzioni hanno come obiettivo quello di essere impiegati per la gestione della raccolta, dello smistamento e del trattamento dei rifiuti tessili. Ma anche per erogare dei bonus alle aziende che scelgono di produrre i capi partendo da principi di circolarità, per sostenere la ricerca e lo sviluppo, incrementare il bonus di riparazione e le risorse dedicate al riutilizzo, e finanziare campagne pubbliche sull’impatto ambientale e sulla prevenzione dei rifiuti del settore.
- Leggi l'approfondimento (PDF, 784.45 KB)
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