Trattamento ai fini IVA degli aggiustamenti da transfer pricing
The relevance for tax purposes is excluded if there is no direct link to the sale of goods or services and the considerationE' esclusa la rilevanza ai fini dell'imposta se manca il legame diretto con le cessioni di beni o forniture di servizi e il corrispettivo
Mediante la risposta n.60 del 2 novembre 2018, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il contributo erogato a favore di una consociata a titolo di aggiustamento di fine anno, allo scopo di mantenere la marginalità della stessa all’interno dell’intervallo di mercato, non è rilevante ai fini IVA.
Nell’ipotesi analizzata, la società interpellante parte di un gruppo multinazionale, opera in qualità di contract assembler a favore della principal extracomunitaria, ove quest’ultima è anche responsabile della commercializzazione dei prodotti. Qualora la marginalità consuntiva della prima si discosti dall’intervallo individuato con riferimento alla normativa sui prezzi interni di trasferimento, la principal si impegna a riconoscere alla società operativa un contributo pari allo scostamento tra il profitto da quest’ultima realizzato e quello determinato at arm’s length.
L’Agenzia preliminarmente si sofferma sul requisito dell’onerosità di una prestazione di servizi, così come disposto tanto dall’art. 2 paragrafo 1 della Direttiva n.2006/112/CE, quanto dell’art. 3, primo comma del D.P.R. 633/72, rilevando altresì che secondo constante giurisprudenza della CGUE “una prestazione di servizi è effettuata a titolo oneroso [..] soltanto quando tra prestatore e l’utente intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga un rapporto di reciproche prestazioni”.
L’analisi va quindi svolta in ordine al rapporto contrattuale intercorrente tra le sopra citate società, e nel caso di specie – ritiene l’Agenzia – in virtù dell’assenza di sinallagma, è da escludersi che il contributo possa configurare remunerazione per una specifica prestazione, da assoggettare autonomamente ad IVA ex art. 3 del DPR 633/72.
Parimenti è da escludersi che il contributo possa essere qualificato come variazione in aumento o diminuzione dei corrispettivi contrattualizzati per i beni scambiati tra le due società, posto che la base imponibile – ai fini dell’applicazione dell’imposta – è costituita dal corrispettivo effettivamente ricevuto dal prestatore, e non costituisce un valore stimato secondo criteri oggettivi (art. 73 Direttiva 2006/112/UE; art. 13 D.P.R. 633/72; Cause CGUE ex multis C-249/12 e C-250/12, C-549/11, C-621/10 e C-129/11).
La Commissione Europea, nel Working Paper n.923, taxud.c.1(2016)1280928, ha quindi riepilogato i requisiti che congiuntamente debbano ricorrere affinché gli adjustments da transfer pricing incidano sulla determinazione della base imponibile ai fini IVA:
- presenza di un corrispettivo, ossia una regolazione monetaria o in natura per tale aggiustamento;
- siano individuate le cessioni di beni o forniture di servizi cui il corrispettivo si riferisce;
- sia presente un legame diretto tra le cessioni di beni o forniture di servizi e il corrispettivo.
Nell’ambito delle transazioni infragruppo, la Commissione evidenzia come l’assetto del principio di libera concorrenza ai fini delle imposte dirette non sia sovrapponibile a quello che rileva ai fini dell’IVA, rilevando nel secondo caso “soltanto al fine di prevenire evasioni ed elusioni fiscali in presenza di definite circostanze” (cfr. paragrafo 3.1.1).
Per concludere, la base imponibile delle cessioni di beni è determinata sulla base del corrispettivo ricevuto ex art. 13 del D.P.R. 633/72, e non può essere (ri)determinata con riferimento ad un diverso valore, quale ad esempio quello di mercato ai fini delle imposte dirette.
Conseguentemente, il contributo erogato non rileva ai fini dell’IVA.