Residenza fiscale e convenzioni contro le doppie imposizioni

La risposta all’istanza di interpello n. 203, pubblicata in data 25 giugno 2019, contempla importanti chiarimenti in merito alla valutazione della residenza nel territorio dello Stato delle persone fisiche, nonché in merito al rapporto tra la normativa nazionale e le convenzioni contro le doppie imposizioni.
L’Agenzia delle Entrate, infatti, è tornata ad esprimersi sul tema evidenziando che quando per la maggior parte del periodo di imposta siano soddisfatti contemporaneamente sia uno dei requisiti previsti dall’art. 2 del TUIR (nella fattispecie prevista dall’interpello, l’iscrizione all’Anagrafe della popolazione residente) sia i requisiti previsti dalla normativa interna vigente dell’altro Stato, il conflitto determinato dalla “doppia” residenza debba essere risolto sulla base delle Convenzioni contro le doppie imposizioni.

In risposta all’istanza di interpello di cui sopra, l’Agenzia delle Entrate ha specificato che eventuali conflitti normativi tra le due giurisdizioni (nel caso di specie Italia e Danimarca), dovrebbero essere risolti secondo i criteri stabiliti, in conformità al modello OCSE, nel paragrafo 2 dell’art. 4 della Convenzione, e cioè facendo applicazione delle cosiddette Tie-Breaker Rules.

I chiarimenti dell’Agenzia consentono dunque di superare, ove necessario, l’orientamento fino ad ora espresso dalla giurisprudenza di Cassazione, la quale ha più volte precisato che l’iscrizione all’Anagrafe della popolazione residente rappresenterebbe un dato formale di per sé sufficiente per stabilire la residenza italiana anche ai fini fiscali.

La valutazione della residenza, nel caso specifico relativo ad una persona fisica alle dipendenze di una società estera (danese), assume particolare rilevanza: mentre, infatti, un non residente non è mai assoggettato a tassazione in Italia per il reddito di lavoro dipendente prestato all’estero (ai sensi dell’articolo 23, comma 1, lettera c) del TUIR), un residente è invece tassato in Italia anche per i redditi da lavoro dipendente percepiti all’estero (in forza del principio della tassazione mondiale). A tal proposito, infatti, l’articolo 15 della Convenzione, in conformità al modello OCSE, prevede la possibilità di tassazione concorrente nello Stato di residenza ed in quello in cui viene prestata l’attività lavorativa.

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