Novità in materia di arbitrato
Con l’intento di rendere l’istituto dell’arbitrato più forte e più attraente per le parti, la riforma del processo civile ha introdotto alcune importanti novità. Con l’entrata in vigore del Decreto legislativo 149/2022, la legge arbitrale italiana dovrebbe fare un atteso passo in avanti.
Il cambiamento più significativo è sicuramente l’attribuzione agli arbitri del potere cautelare. Mentre la disposizione precedente negava tale potere ai giudici privati (l’unica eccezione era prevista nell’ambito dell’arbitrato societario e riguardava la possibilità di sospendere l’efficacia delle delibere assembleari), la nuova norma prevede la possibilità di investire gli arbitri del potere cautelare per volontà delle parti espressa per iscritto prima dell’instaurazione del procedimento arbitrale. Tale volontà si considera integrata anche con rinvio ad un regolamento arbitrale nella convenzione d’arbitrato, laddove il regolamento di rinvio preveda la competenza degli arbitri in tal senso.
Quindi, per usufruire di questa opportunità, nella convenzione d’arbitrato dovrà essere inserita una disposizione espressa scritta che stabilisca la volontà delle parti di affidare all’arbitro il potere cautelare. L’arbitro avrà inoltre la competenza cautelare nel caso in cui le parti facciano riferimento a un regolamento arbitrale che preveda l’assegnazione di tale potere.
Altre novità importanti della norma sono:
- l’equiparazione degli effetti sostanziali della domanda di arbitrato a quelli della domanda giudiziale (traslatio iudicii)
- gli obblighi di disclosure degli arbitri e i criteri di trasparenza, efficienza e rotazione che deve seguire il presidente del tribunale chiamato a nominare gli arbitri
- la possibilità per le parti di scegliere le norme o la legge straniera quale legge applicabile al merito della controversia
- la conferma dell’efficacia immediatamente esecutiva del decreto di riconoscimento del lodo straniero
- la codificazione dell’arbitrato societario con la risistemazione organica della materia e la conseguente abrogazione del richiamato atto normativo previgente.
Il potere cautelare degli arbitri
Tra le novità più significative della riforma va innanzitutto sottolineata l’attribuzione agli arbitri del potere cautelare (artt. 818, 818 bis e 818 ter c.p.c.).
Come è noto, la legge italiana sull’arbitrato non ha mai previsto poteri cautelari in capo agli arbitri. Infatti, a differenza di molti altri ordinamenti europei (Svizzera, Germania, Belgio), l’art. 818 del codice di rito italiano prevedeva espressamente che gli arbitri non potessero concedere sequestri, né altri provvedimenti cautelari, salva diversa disposizione di legge. L’unica norma che prevedeva il potere cautelare degli arbitri era quella stabilità nell’ambito dell’arbitrato societario e che consentiva agli arbitri di disporre la sospensione dell’efficacia delle delibere societarie nelle controversie aventi ad oggetto la validità delle delibere assembleari (art. 35, comma 5, D. Lgs n. 5/2003).
A seguito della riforma, la nuova disposizione stabilisce che: “Le parti, anche mediante rinvio a regolamenti arbitrali, possono attribuire agli arbitri il potere di concedere misure cautelari con la convenzione di arbitrato o con atto scritto anteriore all’instaurazione del giudizio arbitrale” (art. 818 c.p.c.).
Il legislatore non ha previsto dei limiti riguardo alla tipologia delle misure cautelari a disposizione degli arbitri che possono quindi adottare qualsiasi misura cautelare al pari dei giudici togati.
Dalla portata della norma risulta dunque la prima e più importante particolarità dell’innovazione adottata dal legislatore italiano: gli arbitri sono investiti del potere di concedere le misure cautelari solo per volontà delle parti espressa nella convenzione di arbitrato o comunque nell’atto scritto che precede l’instaurazione del procedimento arbitrale. In assenza dell’espressa previsione del potere cautelare degli arbitri, gli stessi non potranno disporre tali misure, dovendo le parti rivolgere la richiesta al giudice ordinario.
L’intervento del legislatore italiano in materia cautelare è ancora solo parziale, visto che la mancanza di attribuzioni agli arbitri in tale materia è superata solo parzialmente.
La norma richiede alle parti anche una maggiore attenzione e consapevolezza nella redazione delle clausole arbitrali inserite nei contratti, dal momento che il potere cautelare degli arbitri è strettamente legato alla loro volontà espressa. D’altro lato, un rinvio ad un regolamento arbitrale nella convenzione d’arbitrato integra la volontà delle parti ad investire gli arbitri del potere cautelare, laddove il regolamento di rinvio preveda la competenza degli arbitri in tal senso.
La norma prevede poi che la competenza cautelare attribuita agli arbitri sia esclusiva, eliminando dunque il potere concorrente del giudice ordinario. Tuttavia, prima dell’instaurazione del processo arbitrale, la competenza ad emanare provvedimenti cautelari continua a rimanere in capo all’autorità giudiziaria ordinaria (art 669-quinquies c.p.c.).
Per quanto riguarda il controllo sull’operato degli arbitri sempre in materia cautelare, la nuova norma prevede la possibilità di reclamo avanti alla corte di appello. La riforma stabilisce che: “Contro il provvedimento degli arbitri che concede o nega una misura cautelare è ammesso reclamo a norma dell’articolo 669-terdecies davanti alla corte di appello, nel cui distretto è la sede dell’arbitrato, per i motivi di cui all’articolo 829, primo comma, in quanto compatibili, e per contrarietà all’ordine pubblico” (art. 818-bis).
Dalla lettura della nuova disposizione normativa è chiaro, dunque, che la possibilità di reclamo è limitata alle censure previste nel catalogo di cui all’art. 829 comma 1 c.p.c., in quanto compatibili, oltre che al caso della contrarietà all’ordine pubblico. È da notare che, qualora tale possibilità sia espressamente prevista dalle parti, i motivi di impugnazione del lodo comprendono anche l’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia. Invece, in caso di reclamo avverso il provvedimento degli arbitri sulle misure cautelari, il legislatore non ha stabilito una previsione analoga limitando l’intervento del giudice solo agli errori di maggior rilievo.
Il reclamo può essere proposto sia contro l’ordinanza di accoglimento sia contro l’ordinanza di rigetto della misura cautelare richiesta.
Infine, viene introdotta una norma dedicata all’attuazione dei provvedimenti cautelari degli arbitri: “L’attuazione delle misure cautelari concesse dagli arbitri è disciplinata dall’articolo 669-duodecies e si svolge sotto il controllo del tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato o, se la sede dell’arbitrato non è in Italia, il tribunale del luogo in cui la misura cautelare deve essere attuata” (art. 818-ter). È chiaro che l’attuazione dei provvedimenti cautelari arbitrali non può prescindere dall’intervento del giudice considerata l’assenza in capo agli arbitri, in quanto soggetti privati, del potere coercitivo. Per assicurare la corretta attuazione della misura concessa dai giudici privati viene introdotto il meccanismo di supporto da parte del giudice statale.
Novità in tema translatio iudicii
È di notevole importanza anche l’aspetto della translatio iudicii (art. 816-bis). La nuova norma stabilisce che “la domanda di arbitrato produce gli effetti sostanziali della domanda giudiziale e li mantiene nei casi previsti dall’articolo 819-quater.” In questo modo viene confermata e sancita espressamente l’equiparazione degli effetti sostanziali della domanda di arbitrato a quelli della domanda giudiziale. A seguito della modifica in esame, nelle ipotesi in cui viene negata la competenza del giudice ordinario in favore dell’arbitro o viceversa vi è la possibilità di mantenere salvi gli effetti sostanziali e processuali delle rispettive domande, attraverso l’instaurazione del nuovo processo (a seconda, davanti agli arbitri o al giudice ordinario) entro tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia di primo grado che declina la competenza del giudice statale o degli arbitri. L’inosservanza dei termini comporta l’estinzione del processo.
La norma stabilisce inoltre che le prove raccolte nel processo davanti al giudice o all’arbitro dichiarati non competenti possono essere valutate come argomenti di prova nel processo riassunto (art. 819-quater).
Obbligo di disclosure e imparzialità degli arbitri
È di notevole importanza anche l’aspetto della translatio iudicii (art. 816-bis). La nuova norma stabilisce che “la domanda di arbitrato produce gli effetti sostanziali della domanda giudiziale e li mantiene nei casi previsti dall’articolo 819-quater.” In questo modo viene confermata e sancita espressamente l’equiparazione degli effetti sostanziali della domanda di arbitrato a quelli della domanda giudiziale. A seguito della modifica in esame, nelle ipotesi in cui viene negata la competenza del giudice ordinario in favore dell’arbitro o viceversa vi è la possibilità di mantenere salvi gli effetti sostanziali e processuali delle rispettive domande, attraverso l’instaurazione del nuovo processo (a seconda, davanti agli arbitri o al giudice ordinario) entro tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia di primo grado che declina la competenza del giudice statale o degli arbitri. L’inosservanza dei termini comporta l’estinzione del processo.
La norma stabilisce inoltre che le prove raccolte nel processo davanti al giudice o all’arbitro dichiarati non competenti possono essere valutate come argomenti di prova nel processo riassunto (art. 819-quater).
Obbligo di disclosure e imparzialità degli arbitri
A garanzia dell’indipendenza ed imparzialità degli arbitri, l’art. 810 c.p.c. è stato integrato con la norma che richiede al presidente del tribunale di provvedere alla nomina degli arbitri rispettando precisi criteri e dandone notizia sul sito dell’ufficio giudiziario.
Criteri nella nomina degli arbitri:
- trasparenza
- rotazione
- efficienza.
Riguardo agli obblighi di disclosure, al momento dell’accettazione della nomina, a pena di nullità, gli arbitri devono rendere una dichiarazione nella quale va indicata ogni circostanza rilevante ai sensi dell’articolo 815 del codice di rito, primo comma, ovvero la relativa insussistenza.
La nuova norma prevede inoltre che l’arbitro deve rinnovare la dichiarazione in presenza di circostanze sopravvenute. In caso di omessa dichiarazione o di omessa indicazione di circostanze che legittimino la ricusazione, la parte può richiedere, entro dieci giorni dalla accettazione o dalla scoperta delle circostanze pregiudizievoli, la decadenza dell’arbitro secondo le modalità stabilite dall’articolo 813-bis del codice di rito.
Da ultimo, all’elenco dei motivi di ricusazione sono state aggiunte “altre gravi ragioni di convenienza, tali da incidere sull’indipendenza o sull’imparzialità dell’arbitro”, lasciando aperta la lista delle circostanze rilevanti che potenzialmente potrebbero influenzare la valutazione delle parti riguardo la nomina degli arbitri (art. 815 c.p.c.).
Scelta del diritto applicabile
L’art. 822 c.p.c. dedicato alle norme per la deliberazione è stato integrato con una importante previsione che riguarda l’arbitrato con elementi internazionali, stabilendo che “quando gli arbitri sono chiamati a decidere secondo le norme di diritto, le parti, nella convenzione di arbitrato o con atto scritto anteriore all’instaurazione del giudizio arbitrale, possono indicare le norme o la legge straniera quale legge applicabile al merito della controversia. In mancanza, gli arbitri applicano le norme o la legge individuate ai sensi dei criteri di conflitto ritenuti applicabili”.
Il legislatore ha dunque optato per un parziale recupero di quanto era previsto dall’abrogato articolo 837 c.p.c., sottolineando in tal modo l’importanza dell’autonomia delle parti nella scelta della legge applicabile al merito della controversia devoluta agli arbitri.
Termine lungo per l’impugnazione del lodo
Il legislatore interviene anche in materia del termine lungo di impugnazione del lodo. Viene modificato il secondo comma dell’articolo 828 c.p.c. che prima del detto intervento prevedeva che “l’impugnazione non è più proponibile decorso un anno dalla data dell’ultima sottoscrizione”. Con la riforma tale termine viene abbreviato a 6 mesi, portandolo alla stessa durata del termine lungo previsto per l’impugnazione delle sentenze del giudice ordinario (art. 327 c.p.c.).
Dunque, a seguito della modifica, l’impugnazione per nullità del lodo arbitrale si propone nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo (termine breve di impugnazione di cui al primo comma dell’art. 828 c.p.c., rimasto invariato) ed in ogni caso non più tardi di sei mesi dalla data dell’ultima sottoscrizione (nuovo termine lungo di cui all’art. 828 c.p.c., comma 2).
L’efficacia immediatamente esecutiva del decreto presidenziale ex art. 839 c.p.c.
La riforma pone fine alla questione dibattuta in dottrina e giurisprudenza se il decreto di riconoscimento dei lodi stranieri pronunciato ex art. 839 c.p.c. attribuisca l’efficacia esecutiva al lodo stesso, oppure se quest’ultimo, per diventare esecutivo, debba attendere il decorso del termine per l’opposizione o, se l’opposizione sia proposta, la pronuncia di rigetto ex art. 840 c.p.c.
Il legislatore ha precisato che il presidente della corte d’appello chiamato a rilasciare l’exequatur al lodo straniero, accertata la regolarità formale del lodo, dichiara con decreto l’efficacia immediatamente esecutiva del lodo medesimo (art. 839 c.p.c., comma 4).
Nel caso di opposizione avverso il decreto che riconosce o nega l’efficacia del lodo straniero, viene data la possibilità di sospendere l’efficacia esecutiva o l’esecuzione, su istanza dell’opponente e quando ricorrono gravi motivi (art. 840, comma 1).
Codificazione dell’arbitrato societario
Va, infine, segnalata una novità significativa riguardante l’arbitrato societario: le norme degli artt. 34- 37 del D. Lgs n. 5/2003 sono state inserite nel codice di procedura civile ai fini di rispondere alle esigenze di risistemazione organica della materia, con la conseguente abrogazione del richiamato atto normativo previgente.
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