Codice della Crisi di Impresa e dell’insolvenza: Riforma del Fallimento al vaglio del Governo
Il Consiglio dei Ministri, entro la fine del corrente mese, dovrà approvare il Decreto Legislativo recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che si svilupperà in 390 articoli, in attuazione della Legge Delega 155/2017.
Il Decreto sarà il risultato dell’elaborazione del progetto di riforma del Fallimento messo a punto dalla Commissione Rordorf che agisce direttamente sulle procedure concorsuali (e quindi sulla Legge Fallimentare, R.D. n. 267 del 1942) e sulla disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento (e quindi sulla Legge 3 del 2012).
Uno dei punti chiave dell’intervento è rappresentato dalle misure di allerta. In particolare lo schema del decreto circoscrive il ruolo dei creditori qualificati, obbligati a segnalare le situazioni di maggiore esposizione dell’imprenditore. Le soglie sono state notevolmente innalzate: con riferimento al Fisco il monitoraggio è stato circoscritto solo all’IVA, calibrando la soglia di rilevanza in rapporto alle dimensioni dell’impresa e al suo volume d’affari; per l’INPS il riferimento è un ritardo di oltre 6 mesi nel versamento dei contributi con soglia pari a 50.000 euro; per l’agente della riscossione l’inadempimento viene ritenuto rilevante quando i crediti affidati per la riscossione e scaduti da oltre 90 giorni superi la soglia dei 500 mila euro per le imprese individuali e la soglia di 1 milione per imprese collettive.
Le misure di allerta scommettono invece sul controllo interno, ovvero il decreto prevede l’obbligo di adozione dell’organo di controllo o dei revisori per le SRL che superano per due anni consecutivi uno dei seguenti limiti: 2 milioni di euro di attivo; 2 milioni di euro di ricavi; 10 dipendenti occupati in media durante l’esercizio. Contestualmente dovranno entrare in vigore le norme che regoleranno l’obbligo degli amministratori di dotare l’impresa di adeguati sistemi di rilevamento della situazione economico – finanziaria e l’obbligo dei sindaci di verificare l’adeguatezza di tali sistemi. È demandata poi al Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti l’elaborazione degli indici di crisi. D’altro canto le imprese potranno contestare gli indici di squilibrio, riportando in nota integrativa le ragioni di scostamento da questi ultimi.
La riforma razionalizza anche l’istituto del concordato preventivo, prestando particolare attenzione alla tutela dei posti di lavoro in caso di continuità indiretta o concordato misto. Nell’ipotesi di concordato in continuità (forma privilegiata rispetto all’ipotesi liquidatoria atta al miglior soddisfacimento dei creditori) con continuità aziendale indiretta (in capo cioè ad altro imprenditore in forza di un contratto di affitto seguito da un contratto di cessione d’azienda), l’ammissibilità della proposta è prevista solo nel caso in cui sia prevista la conservazione per almeno due anni del 30% della forza lavoro dell’impresa presente al momento del deposito del piano. Resta fermo l’obbligo (al contrario di quanto proposto dalla Commissione Rordorf) di depositare la relazione di un professionista indipendente che attesti la veridicità dei dati e la fattibilità del piano.
Introdotti poi nuovi criteri per limitare la prededucibilità dei crediti professionali. Con la riforma questi ultimi non potranno superare il 75% degli importi complessivi, allo scopo di non compromettere totalmente la possibilità di riparto dell’attivo residuo.
Il team Restructuring and Insolvency di Andersen & Legal è a disposizione per fornire maggiori informazioni e chiarimenti in merito ai contenuti della Riforma in commento.